Moonglow, Un finale diverso per Jacob Black.

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° Posted on 28/1/2009, 20:00




Moonglow

Titolo: Moonglow
Autore: Lady_of_Glow
Personaggi: Jacob Black/ Nuovo personaggio
Rating: Verde-giallo
Genere: Romantico - introspettivo
Note: Post Eclipse

Salve! Più di un anno fa, quando l'idea di un continuo di Eclipse per il nostro Jacob era ancora originale, ho cominciato a scrivere questa fanfiction. Ha passato un anno burrascoso. E' stata interrota e riscritta, ripresa e rimollata, ritoccata e riaggiustata, ma adesso eccola qui. Accetto - e preferisco - commenti di ogni genere, anche segnalazioni su eventuali errori di battitura XD
In seguito posterò anche un video con il cast e il trailer che ho scelto.
Buona lettura, spero vi piaccia! ^^

1. Agony

Dove sei finito? Sentivo ogni tanto nella mia testa. Possibile che dopo tanto tempo non avessero ancora capito che non sarei tornato? Avevo corso per tutto il tempo, a nord. Dovevo essere arrivato in Canada, o in Alaska, ma sentivo ancora le voci del branco che mi imploravano di tornare o che mi chiedevano come stessi, cosa stessi facendo, dove fossi finito. La distanza non aveva creato disturbi alla comunicazione. Ma adesso sentivano solo i pensieri, non anche le emozioni.
Non rispondevo mai ai loro richiami. Cercavo di far tacere Jacob Black, che forse si sarebbe fatto convincere a tornare. Ma il lupo aveva il sopravvento, doveva avere il sopravvento. Perché da umano ero più debole, più incline al dolore. Quel dolore insopportabile che solo gli umani sono capaci di provare. Quella sorta di oppressione al petto che ti impedisce di pensare, agire o fare qualunque cosa razionalmente. Come lupo invece potevo mantenere la lucidità. E non ero certamente l’unico ad avere deciso di rimanere lupo per sempre. Ciò di cui non ero sicuro era quanto sarebbe durata la mia esistenza.
Jake, dicci dove sei, lascia che ti raggiungiamo! Embry era sfinito. Da molto lui e Quil dormivano pochissimo perché perlustravano i boschi alla mia ricerca. Il tono della sua voce indicava che era totalmente affranto, non ce la feci a resistere anche questa volta.
Quil sta andando a est, io a nord. Continuò.
Embry, non so nemmeno io dove mi trovo.
Jacob, sei davvero tu che hai parlato? Chiese Quil.
Molto divertente. Ragazzi, vi prego, ho bisogno di stare un po’ per conto mio. Risposi cercando di contenermi.
Allora facciamo un patto: noi non veniamo e non ci facciamo sentire per un mese, ma dopo o tu torni indietro, o ci dovrai dire dove ti trovi e ti raggiungeremo. Disse Embry.
E non ci sono obbiezioni. Aggiunse Quil.
Okay, d’accordo.
E continuai a correre.
Non riuscivo a fermarmi e non sentivo bisogno di cibo o acqua. Se la strada era sgombra, chiudevo gli occhi per qualche secondo. E allora vedevo il volto di Bella l’ultima volta che ci eravamo visti e sentivo le sue ultime parole. Io le avevo detto che potevamo provare ad essere amici, e lei aveva risposto che non era possibile, visto l’amore che c’era tra noi. E aveva ragione. Ma quell’amore non era sufficiente, perché lei amava il succiasangue più di quanto avrebbe mai potuto amare me. Avevo lottato, anche barando, ma come le avevo detto una volta, potevo sconfiggere le nuvole, ma non potevo competere con un’eclissi. La sua luna aveva eclissato il mio sole, e la nostra terra lo aveva accettato. Questo significava che lei avrebbe superato la mia assenza dalla sua vita, quindi non aveva senso continuare a vederci. Se telefonava, Billy inventava una scusa. Se veniva a cercarmi, ero da Emily. Se veniva anche lì, mi nascondevo nel bosco. Era meglio troncare il rapporto e sperare che le cose si sistemassero. Non dovevo aspettarla, non sarebbe servito a nulla se non a farmi soffrire di più, e io non riuscivo a immaginare un dolore più grande dell’agonia nella quale mi trovavo già. La consolazione – ma anche la parte più complicata – era che solo metà di me stesso amava Bella. Essendomi innamorato di lei prima della trasformazione da uomo a licantropo, non avevo ancora avuto l’imprinting. La mia parte da umano era innamorata di quella ragazza, mentre il lupo non provava che simpatia per lei. Che cosa complicata! Perché diavolo dovevo pensare così tanto? Perché volevo a tutti i costi ricordarmela? I nostri abbracci, i nostri baci, le nostre mani intrecciate, il suo profumo… perché mi ostinavo a pensarci? Credevo davvero che avrei rivissuto momenti del genere? Ero un lupo gigante che spaventava gli animali del bosco. Non mi sarei mai più innamorato, non sarei più stato felice e dovevo accettare il fatto che non avrei mai più visto Bella, almeno non quella mia. La mia Bella sarebbe presto morta, e speravo che avrebbe trascinato via con sé i miei ricordi. Lottando contro l’odio, cercavo di immaginare lei vampira: la sua pelle color avorio sarebbe diventata di marmo bianco; i suoi occhi color cioccolato sarebbero diventati prima rosso sangue, pieni di fame e aggressività, poi color topazio liquido; la sua dolce goffaggine era destinata ad essere sostituita dall’agilità; le guance non si sarebbero mai più imporporite; il suo profumo non si sarebbe più diffuso, sostituito dall’odore dolciastro e pungente che brucia le narici a noi lupi, ma che agli umani sembra tanto soave. Quell’odore che scatena in me la voglia di mordere, di distruggere, di fare a pezzi loro.
Avrei mai potuto provare questo odio e questa aggressività verso Bella? Quella Bella che era la mia migliore amica e il mio amore? Quella che adoravo tenere per mano passeggiando sulla spiaggia?
E così mi ritrovai in lotta con me stesso, non riuscendo a trovare un compromesso tra Jacob umano e Jacob lupo. Bisognava scegliere. E io lo avevo fatto, ormai. Lupo per sempre.
Riacquistando lucidità, mi resi conto che stavo ululando alla luna più forte che mai, mentre correvo a una velocità impressionante. Alle mie spalle c’erano solo piccoli alberelli che avevo travolto. Allora mi imposi di fermarmi. Ma lo feci troppo di botto, quindi sbattei contro un grande albero, abbattendolo. Ebbi la prontezza di spostarmi, ma non fui abbastanza veloce a causa dei miei sensi intorpiditi e una zampa rimase incastrata. Senza difficoltà, spostai il tronco e mi liberai. La zampa era rotta, ma si rimise apposto in pochi secondi. Era divertente quando le ossa si ricomponevano, perché sentivo un formicolio, un solletico interno. Mi resi improvvisamente conto che ero tornato con i piedi per terra. La luna e le stelle brillavano con intensità. Il rumore scrosciante di un piccolo corso d’acqua rompeva il silenzio del bosco. Oltre ad esso, pensavo di essere solo, quando uno scoiattolo saltò agile da un ramo all’altro. Mi dissetai e mi bagnai le zampe e la testa per rinfrescarmi.
Volevo tentare di riposarmi, così appoggiai la testa sulle zampe e chiusi gli occhi. Sentivo un debole fruscio. Drizzai le orecchie e mi guardai intorno. Si sentiva il singhiozzare di qualcuno. Dopo qualche minuto, sbucò dagli albero una ragazza. Fortunatamente non mi poteva vedere, essendo umana, come io vedevo lei. C’era troppo buio nonostante la luna. Si sedette, ovviamente sfinita, sul tronco che avevo abbattuto. Mi avvicinai, attento a non farmi vedere, per poterla osservare meglio.
Aveva più o meno la mia età. Le scarpe da ginnastica, i jeans e la maglietta erano macchiati e strappati. I capelli lisci avevano foglie, ramoscelli e polvere. Ma il viso era spettacolare. Nonostante fosse sporco di polvere impastata con le lacrime, era divino. I suoi occhi brillavano, ma non riuscivo a capire di che colore fossero. La pelle era chiara e gli zigomi delicati. La bocca era piccola e rosea, le labbra sembravano petali di rose, morbide e lisce, vellutate. Era un angelo. Quando si passò una mano sul viso per asciugare le lacrime, vidi la mano più graziosa che avessi mai visto. Okay, non avevo visto tante ragazze nella mia vita oltre mia madre, le mie sorelle, le ragazze di La Push e delle riserve vicine e Bella, ma non ero in grado di immaginare che potessero esistere altre mani come quelle. Il mio cuore batteva e avevo voglia di confortarla, di accarezzarla, di respirare il suo profumo. Non lo avevo ancora annusato, ma una creatura angelica come quella non può non avere un profumo celestiale.
Cercando di non fare rumore, mi allontanai per cercare aiuto. Ero una specie di mostro, un lupo dalle dimensioni di un orso, non potevo mica sbucarle davanti. Sarebbe morta di paura. Corsi per un po’, quando sentii delle voci nei pressi di una radura.
- Dove può essere finita? – chiese una ragazza dai lunghi capelli neri. Era visibilmente preoccupata.
- Allison, calmati. Adesso l’andiamo a cercare. – le rispose con calma un ragazzo.
- E io dovrei inoltrarmi nel bosco, dove ci sono orsi, lupi e chissà cos’altro? – aggiunse un’altra ragazza. Era più bassa di Allison, bionda e vestita in maniera non esattamente consona per una gita nei boschi: stivali col tacco, minigonna, top molto stretto coperto di pailettes.
- Mandy, ma tu non cambi mai? – le rispose un altro ragazzo.
- Forse sarebbe meglio se tu restassi qui, se preferisci restare sola… - disse Allison. Mandy prese una torcia e disse:
- Andiamo.
Fortunatamente presero la strana giusta. Per trovare la strada del ritorno attaccarono piccole palline fluorescenti sugli alberi. Io tornai velocemente dalla ragazza-angelo. Non la trovai più. Si era alzata e si era allontanata, ma fortunatamente non da molto. Stava predendendo una via sbagliata, di quel passo non si sarebbe mai incontrata con i suoi amici. Cosa potevo fare? Si sarebbe spaventata se mi avesse visto!
Ma la chiave era proprio la paura.
Le sbucai davanti mostrando le zanne e ringhiando. Come previsto, cominciò a correre nella direzione opposta. Mi assicurai che mantenesse la strada giusta e dopo un po’ sentì dei passi. Rallentò e chiese:
- Ragazzi, siete voi?
- Layla? Layla, si, siamo noi!
Si incontrarono e la prima ad abbracciare quell’angelo chiamato Layla fu Allison. Erano tutti più tranquilli. Dopo averla abbracciata a turno, cercarono di farsi spiegare cosa fosse successo, come si fosse persa, ma lei disse solo:
- Non possiamo restare qui, vi racconto tutto dopo.
Seguirono la pista che avevano lasciato. Accesero un fuoco mentre raccoglievano le loro cose. Layla si lavò il viso e si sedette vicino al fuoco. Uno dei due ragazzi le portò una coperta e gliela mise sulle spalle. Quando tutti si sedettero, Allison disse:
- E’ tutto pronto. Quando sarai più tranquilla potremo andare.
- Intanto racconta – aggiunse Mandy.
- Be’… io e Nicholas eravamo andati a cercare della legna per il fuoco. Mi sono allontanata un po’ troppo e mi sono ritrovata sola.
Poi ho sentito un botto, come un albero che cadeva. Dopo aver corso ho trovato un tronco abbattuto e mi ci sono seduta. Poi, ho sentito degli strani rumori, mi sono spaventata e sono corsa via. Improvvisamente – e qui cominciò a tremare e piangere – mi è sbucato davanti un animale. Sembrava un enorme orso dalle dimensioni, molto peloso. Ma non aveva il muso da orso. Sembrava più che altro… un lupo. Sono corsa via e poco dopo vi ho incontrati. La cosa strana… la cosa strana è che non mi ha seguita. Come se il suo unico obiettivo fosse quello di spaventarmi.
- Storia fantasiosa. – commentò Mandy.
- Amanda, era spaventata. Probabilmente non era neanche un animale feroce. – disse quello che, capii, doveva essere Nicholas.
Layla non sembrava essere d’’accordo, era sicura di ciò che aveva visto, ma rispose:
- Probabilmente.
Si alzò e salì in macchina, insieme agli altri. Accesero il motore e diedero gas. Layla si voltò e guardò in giro sospettosa. Io non mi spostai di un centimetro, volevo godermi il più possibile la vista di quell’angelo. Ma mentre la fissavo, i suoi occhi curiosi trovarono i miei. Era troppo tardi per distogliere lo sguardo, ormai si era resa conto che qualcuno… qualcosa era lì. La stessa cosa che prima l’aveva spaventata a morte. Vidi la sua fronte corrucciarsi perché non capiva, e uno sguardo incuriosito e sorpreso allo stesso tempo. Poi si girò, senza fare o dire niente. Sapeva che non l’avrebbero creduta, e ne ero felice.

Ritornato al mio tronco abbattuto, mi sdraiai.
Ero diverso.
Avevo fatto di nuovo parte di qualcosa di reale. Avrei voluto sapere di più su di loro, ma non potevo. Ero un lupo, e ciò dovevo rimanere. Non potevo ritornare sui miei passi per una semplice serata tra umani. I pensieri furono sopraffatti dal sonno.
Mentre dormivo, però, dei flash si fecero largo nella mia testa.
I primi erano di Bella.
Mi tornò in mente la prima volta che avevamo parlato, sulla spiaggia, quando lei aveva fatto la civetta per farmi raccontare la storia dei Cullen e dei licantropi. Poi, il suo ballo di fine anno. Aveva una gamba ingessata. Indossava un meraviglioso vestito blu con svolazzi di seta e chiffon. Troppo appariscente per essere di suo gusto. Era ovvio che non lo aveva scelto lei. I suoi capelli solitamente lisci erano stati fatti a riccioli, con fiori appuntati.
Poi venne il ricordo di lei che mi veniva a trovare dopo che il succiasangue l’aveva lasciata. Era irriconoscibile.
Odiavo quel parassita per averla ridotta così, ma allo stesso tempo mi aveva lasciato la pista libera. Ma uno dei momenti più significativi per me era la sera della mia trasformazione. Io e lei, con un suo amico, Mike, eravamo andati al cinema. Quello si era sentito male, e nel frattempo io e lei avevamo parlato. Ogni singola parola era impressa nella mia mente:
- Aspetta un minuto, Bella, per favore. Dimmi una cosa.
- Cosa?
- Ti piaccio, vero?
- Si, lo sai anche tu.
- Più di quel pagliaccio che sta vomitando l’anima là dietro?
- Si.
- Più di tutti i ragazzi che conosci?
- Anche più di tutte le ragazze.
- Ma non c’è altro.
- Si.
- Va bene così, sai. Mi basta sapere che ti piaccio più di tutti. E che pensi che io sia, come dire, bello. Sono pronto a perseguitarti per sempre.
- Non cambierò idea.
- C’è ancora quell’altro, vero? Non sei obbligata a parlarne. Ma non prendertela con me se ti ronzo attorno, okay? Perché non intendo rinunciare. Ho un sacco di tempo.
- Non dovresti sprecarlo con me.
- E’ ciò che voglio, ammesso che a te faccia piacere starmi accanto.
- Non riesco a immaginare come potrebbe non farmi piacere stare accanto a te.
- E’ già abbastanza.
- Ma non aspettarti altro.
- Non ti da fastidio, vero?
- No.
- E non ti interessa cosa pensa lui.
- Direi di no.
- E allora dove sta il problema?
- Il problema è che io e te diamo allo stesso gesto due significati diversi.
Questa frase risuonò come un eco. Da allora, davo due spiegazioni, due significati a ogni cosa che facevo con Bella. Il nostro ultimo bacio, ad esempio. lei aveva ricambiato. Perché? Per amore? Per pietà? Perché non voleva che morissi? In ogni caso, un po’ mi amava. Non intensamente, non ardentemente come speravo, ma mi amava.
Improvvisamente, la mia parte da lupo scacciò quelle immagini.
Vedevo Layla, seduta sul tronco che avevo buttato giù. Era così bella… non riuscivo a immaginare cosa più perfetta al mondo. Le sue mani delicate, le sue labbra simili a petali di rosa… sognai di tenerla per mano e accarezzarle i capelli. Ero attratto da lei e una volta che mi venne in mente non riuscii più a togliermela dalla testa. Sentivo che lei poteva alleviare il dolore di Jacob uomo.
Al mio risveglio decisi: ci dovevo provare. Sentii una voce nella mia testa. Era Embry:
Provaci. Disse.
Non mi ero accorto che questi pensieri fossero così forti da farsi sentire a kilometri e kilometri di distanza. Anche Quil si unì alla “conversazione”:
Jake, non hai niente da perdere.
Grazie ragazzi..
La prospettiva non era brutta. Ma avevo un grosso dubbio: avevo avuto l’imprinting?
Io lupo avevo già fatto di Layla il centro dell’universo, la ragione di vita.
Io umano no.
Insomma, era bella, ma non la conoscevo.
Non riuscivo a capire. Metà me era rimasto folgorato e, sì, aveva avuto l’imprinting. Mentre l’altra metà era stata toccata solo leggermente, e amava ancora Bella.
Ma complicarmi la vita con quei pensieri non serviva a niente.
Il sole era alto e io ormai ero sveglio. Mi alzai e corsi fino alla città più vicina.
Arrivai a un viale alberato. A terra giacevano foglie gialle e rosse. Me ne ero andato da La push in estate ed era già autunno? Wow. Mi nascosi dietro un albero e lì, lì tornai ad essere Jacob: semplice ragazzo, 16 anni, 1,95, licantropo. Sentii dei rumori sulla strada e uscii leggermente la testa per vedere se ci fosse qualcuno.
E c’era.
Una delle ultime persone che mi aspettassi di vedere lì mi fissava e sorrideva, ma con una certa malinconia.

Edited by Lady_of_Glow - 11/6/2009, 21:38
 
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° Posted on 1/2/2009, 12:40




Ecco anche il video con la presentazione dei personaggi. Me li immagino tutti così tranne Seth e Embry, ma non ho trovato altri che mi piacessero.
 
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° Posted on 1/3/2009, 11:01




2.I think I’ve finally found a better place to start
Mia sorella Rachel mi fissò per un interminabile minuto.
- Jacob? - chiese timida.
Non la vedevo da moltissimo tempo. Non avevo un gran rapporto con le mie sorelle. Rachel era la figlia di mezzo, più piccola di Rebecca di qualche minuto. Quando avevo 14 anni, lei ne aveva 18 e se ne era andata all’università dello stato di Washington con una borsa di studio. Lei e l’altra mia sorella, Rebecca, non avevano un bel rapporto neanche con Billy. Mandavano regali e lettere a Natale, per il Ringraziamento e per Pasqua. Poi nulla. Nessun altro tipo di contatto. Rachel era comunque la mia preferita,tra le due. Era rimasta come la ricordavo: carnagione chiara per essere una Quileute, ondulati capelli castano-rossiccio, grandi occhioni blu scuro. Non mi somigliava, ma era molto simile alla mamma per i tratti.
- Rachel? Che-che ci fai qui? - risposi.
- Potrei chiederti la stessa cosa... se non mi avessero chiamata da La Push. - disse leggermente severa.
- Ti hanno chiamata?
- Si.
- Ma come facevano a sapere dove sono? A proposito, dove sono di preciso?
- Alaska. A quanto pare ti sei distratto e Sam ha riconosciuto il posto.
- E tu sei venuta qui apposta?
- No.
- E allora perché?
- Ho cambiato università da un po’.
- Oh... e ti hanno anche detto da quanto tempo manco?
- Più di due mesi. - Wow. Due mesi.
- Tieni, vestiti - Mi porse dei vestiti e io li presi. Quando fui pronto uscii.
- Wow, quanto sei alto?
- 1,94 - risposi fiero.
- Mi sento nana. - lei era 1,75.
- Ma se ti hanno detto che sono fuggito ti hanno anche raccontato che siamo…
- Licantropi, già. Mamma mi aveva detto che saresti stato un lupo.
Ero sorpreso. Mia sorella sapeva e io no? Cioè, avevo sempre conosciuto le leggende. Ma io avevo pensato che fossero solo leggende. Rachel interruppe i miei pensieri dicendo:
- Andiamo verso casa.
- Vivi da sola? - chiesi mentre proseguivamo per il viale alberato.
- Si. Mi sono potuta permettere una bella casetta, prima stavo da un’amica.
- E lavori? - Mi stupivo di me stesso per la mia curiosità. Non ero mai stato il tipo. Ma lei mi stava aiutando, ed era mia sorella. E mi era dispiaciuto il fatto che non eravamo stati uniti quando vivevamo ancora insieme.
- Si, lavoro nella locanda della città, sulla stessa strada di casa mia.
- E ti piace?
- Molto, i proprietari sono davvero simpatici e molto gentili. E hanno una figlia d’oro. Va nella stessa scuola dove andrai tu.
- Ehm... andrò a scuola?
- Ma certo. Domani ho la giornata libera per aiutarti a trovare un lavoro e per iscriverti a scuola.
- Oh... grazie.
- Prego - calò il silenzio. Pensare che dovevo ricominciare a studiare... ma se Claire andava nella mia stessa scuola? Questo pensiero mi tirò su. Un’altra volta mia sorella m’interruppe.
- Soffri ancora?
- Cosa? Ah... ti hanno detto di Bella...
- Solo che ne sei follemente innamorato ma lei sta con uno dei Cullen.
- Si sposano. E’ una storia complicata, non mi va ancora di parlarne.
- Capisco. Comunque, per qualsiasi cosa, puoi parlarne con me.
Mi fece un grande sorriso. Io lo ricambiai e restammo in silenzio per il resto della strada. Non doveva essere una grande città. Sì e no penso fosse grande quanto Forks. Alla fine del viale alberato vi era un bivio. Mia sorella mi spiegò che una delle strade portava al centro, mentre l’altra conduceva a casa sua, vicino al mare.
La seconda strada - quella che conduceva a casa di Rachel - era molto bella. Quasi tutte le case erano villette. Mia sorella si fermò davanti a una di loro e la indicò fiera:
- E’ questa. - disse.
E capivo perché ne era fiera.
Era una delle villette più belle. Un giardino con il prato all’inglese si apriva davanti a noi. Tanti cespugli di fiori diversi davano colore. La casa aveva due piani a una mansarda. Era bianca, mentre le finestre e le porte erano in legno scuro.
- Ti pagano bene in questa locanda. - scherzai.
- In effetti è da un po’ che si lavora bene.
- Hai anche la macchina?
- No, non mi serve. Per andare al lavoro uso la bici o vado a piedi. E anche per muovermi in città. A te servirà una macchina per andare a scuola, oppure fai amicizia con la figlia dei miei datori di lavoro. Abitano qualche strada più in là, sul mare.
- Con un buon lavoro potrò comprarne una, o magari costruirla.
- Ne saresti capace?
- Si... l’ho già fatto prima.
- Allora potresti lavorare all’officina. E’ un po’ che cercano qualcuno.
- Sarebbe perfetto.
Nel frattempo eravamo entrati in casa. Mia sorella e io non avevamo gli stessi gusti, ma la sua casa era bellissima. Il salotto era occupato da una libreria e un tavolo a sinistra della porta, un poltrona, un divano e la televisione a destra e un caminetto in fondo. Sui muri vi era qualche quadro e molte mensole piene zeppe di film. Io non ero un grande amante della televisione. Non mi ricordavo che Rachel lo fosse.
- Wow, non si nota che ti piacciono i film. - scherzai. Lei rise.
- Non lo ero, prima di abitare qui. Ma ogni venerdì mi concedo una serata libera dallo studio e guardo un film mangiando pizza. Ti mostro la tua stanza.
- L’hai già sistemata?
- Si, all’incirca. La tenevo per quando qualcuno si ferma a dormire qui. Ma ora è tua. Eccola.
Su un piccolo corridoio c’erano due porte. Una - come mi spiegò Rachel - era quella del bagno, l’altra della mia stanza. Era di media grandezza. Aveva il letto a due piazze e mezzo (ed era un bene, data la mia altezza), una scrivania con un computer nuovo di zecca, un comodino e una TV, anch’essa nuovissima, e un piccolo armadio.
- Rachel, il computer e la Tv nuovi? Perché?! - esclamai. Era impazzita per caso?
- Beh, sono i miei regali per il tuo compleanno, Jake.
- Il mio compleanno? - sbalorditivo. Me l’ero anche scordato.
- Si, proprio oggi compi diciassette anni Jacob. Auguri. - Ero sotto shock. Mia sorella mi guardava contenta. Io l’abbracciai sollevandola da terra.
- Ma allora oggi è il mio compleanno? Wow!
- Proprio così. Ed è anche venerdì, quindi mentre tu ti fai una doccia, io chiamo la pizzeria e ordino le pizze. Essendo tu un lupo sarà meglio che per te la prenda maxi. Gli asciugamani e tutto sono già in bagno.
- Rachel?
- Si?
- Ma dov’è la tua stanza?
- Sopra. Ah e alla destra della tua stanza c’è la cucina, la porta che vedi dentro dà sulla veranda. Il mio bagno e la mia stanza sono sopra. In mansarda tengo le cianfrusaglie. Adesso vai. Nell’armadio trovi dei vestiti, domani andiamo al centro commerciale a prenderne altri.
Lasciò la stanza e la sentii salire le scale. Una bella doccia ci voleva. L’acqua calda che scorre sulla mia pelle scottante è così rilassante… Approfittai del momento per pensare, ormai mio hobby preferito.
Dunque, avevo ormai 17 anni.
Ero in Alaska.
Mancavo da due mesi da La Push.
Vivevo da mia sorella Rachel.
E Bella era ormai sposata.
Sicuramente.
E quasi sicuramente era stata anche trasformata. Io dovevo sforzarmi di non pensarci. Ormai c’era una nuova vita davanti a me, un nuovo inizio. Nella mia nuova città nessuno sapeva niente di me. Potevo tornare ad essere quel ragazzo normale che ero prima della trasformazione. Prima di Isabella Swan. Potevo ricostruire il rapporto con mia sorella. Potevo studiare, avere degli amici normali e problemi da semplice adolescente. Anche se Embry e Quil mi sarebbero mancati molto.
Chiusi l’acqua, mi asciugai e mi vestii. Guardandomi allo specchio, notai che avevo bisogno di un taglio di capelli. Erano così ingarbugliati che se il pettine non fosse stato in metallo si sarebbe rotto.
I vestiti mi stavano un po’ piccoli, ma non m’importava granché.
Rachel era in cucina, intenta a scegliere tra tre film quello che avremmo dovuto vedere insieme. Fuori era già buio e si sentiva uno strano rumore. Guardai dalla finestra e vidi che pioveva. Mentre ero concentrato a osservare le minuscole gocce d’acqua che cadevano con tanta violenza sul terreno, qualcuno suonò alla porta. Rachel andò ad aprire. E quando lo fece, sentii la voce più dolce e morbida del mondo:
- Rachel, ciao! Ho saputo dai miei genitori che aspettavi tuo fratello, così ho portato una torta. L’ha fatta il pasticcere della locanda. - disse l’angelo. Avevo capito chi era, ma ne ebbi la conferma solo quando Rachel rispose:
- Layla, non dovevi! Dai entra, ti faccio conoscere il mio fratellino.
La porta si chiuse e sentii i passi verso la cucina. E poi entrò. Sorrideva. Ma non solo con la bocca. Tutto il viso era illuminato da un sorriso. I suoi capelli lisci erano parzialmente bagnati dalla pioggia. Era talmente bella che sembrava emanare una luce propria. Mi allungò un’angelica mano e disse:
- Piacere, Layla. - le strinsi la mano e risposi:
- Jacob, piacere mio.
Fu allora che i nostri sguardi si incrociarono. O meglio, si incatenarono. Aveva degli occhi stupendi e molto singolari. Erano verdi, o almeno verso l’esterno, perché vicino alla pupilla erano beige. La parte verde sembrava liquida, vellutata, mentre quella beige sembrava composta da piccole schegge di legno, dure. Ma il momento fu spezzato. I miei occhi dovevano avermi tradito. Continuando a sorridere, i suoi occhi diventarono curiosi. Speravo tanto che non avesse capito. Ma non poteva. Fortunatamente, era abbastanza bizzarro. Rachel ci interruppe e pensai che eravamo rimasti incatenati troppo tempo. Ma non era così, tutto era avvenuto nell’arco di pochi secondi.
- Layla, rimani a cena con noi?
- No, grazie dell’invito ma non posso. Ally mi aspetta.
- Come vuoi, ma può venire anche lei.
- Davvero, sei molto gentile Rachel, ma non posso.
- Va bene. Oh! Mi stavo quasi dimenticando! Tua madre mi ha raccontato dell’altra notte, adesso stai bene?
- Si, si sto bene. Grazie. Adesso vado. Ci vediamo domenica al lavoro. E noi forse ci vedremo a scuola, Jacob.
- Si, andrò nella tua stessa scuola a quanto mi ha detto mia sorella.
- Be’ allora ci si vede lì. O forse anche prima. Ciao ragazzi!
- Ciao! - rispose mia sorella.
- Ciao Layla. - risposi io. Un ultimo sorriso e si mise il cappuccio dell’impermeabile e uscì dalla cucina, si avviò in salotto e aprì la porta.
Il fatto che se ne andò mi lasciò dentro un senso di vuoto. Come da manuale, Rachel interruppe i miei pensieri:
- Ieri notte si è persa nel bosco. Se eri già arrivato l’hai sicuramente vista.
- Si, si io… ho notato lei e i suoi amici. - dovevo aver usato un tono che faceva capire che non volevo affrontare l’argomento, perché lei non aggiunse altro.
Le pizze ci furono portate di lì a poco. Trangugiai due maxi-pizze in 10 minuti. Rachel non aveva ancora finito la sua, di dimensioni normali, quando io mi lasciai cadere soddisfatto sul divano. Il film era ancora all’inizio.
- Certo che a voi lupi non manca l’appetito. - commentò Rachel. Io la guardai un po’ imbarazzato, lei rise e seguii il suo esempio. – Quanto tempo era che non mangiavi?
- Da quand’ero a La Push.
- Oh, allora devi avere ancora fame. In cucina c’è una busta con degli hamburger e la torta di Layla. Fortuna che ho ordinato tanto cibo! - disse mettendo un altro pezzi di pizza in bocca, divertita.
Lei finì la pizza e prese una fettona di torta mentre io ne avevo già divorata metà dopo cinque hamburger. Il film non era ancora finito quando io e mia sorella ci addormentammo. Aprii gli occhi e portai Rachel di sopra, nella sua stanza, attento a non svegliarla. La sua camera era molto bella, ma non ebbi la pazienza per ammirarla in quel momento. Sfilai le scarpe a Rachel e la coprii, sussurrandole un “Grazie”. Poi scesi di sotto, spensi la TV e andai a letto. Le lenzuola fresche erano confortanti e io ero sfinito, così mi addormentai all’istante, mentre sentivo il rilassante suono della pioggia che picchiettava sulla finestra.
Il giorno dopo mi svegliai nella stessa posizione in cui mi ero addormentato. Guardai l’orologio: erano le 12:30. uscii e trovai in cucina la colazione e un biglietto di Rachel:

Buongiorno bel addormentato!
Prevedendo che ti saresti svegliato tardi, ti ho preparato la colazione e sono uscita a fare la spesa. Mangia e preparati, oggi pomeriggio abbiamo molto da fare. Ti ho anche preso i libri di scuola, passerà Layla a portarteli.
Oh e... prego.
Rachel

Mangiai tutto quello che mi aveva preparato: pancetta, wurstel, uova strapazzate, pane tostato e burro, un pezzo di torta al cioccolato e la spremuta di arance. Il fatto che dovesse venire Layla mi mise in agitazione. Fui lavato e vestito in meno di cinque minuti, ma ce ne vollero più di dieci per sistemarmi i capelli. Li lasciai lunghi ma tagliai i nodi che non potevo sbrogliare. Dopo aver ripetuto tre volte lo shampoo, finalmente furono a posto. Lavai anche i piatti per non lasciare la cucina in disordine e rifeci il mio letto, anche se non era molto disordinato, visto che non mi ero mosso durante la notte. Quando sentii suonare alla porta, le farfalle nello stomaco quasi mi impedirono di respirare. Ma quando aprii e mi ritrovai Layla davanti, l’agitazione sparì, lasciando solo la sorpresa del vederla ancora più bella delle volte passate.
- Ciao! Ho incontrato Rachel in libreria, così visto che ho preso i libri per me e li stavo portando a casa, mi sono offerta di portarteli.
- Oh, grazie.
- Mi aiuti a prenderli in macchina?
- Ma certo. - risposi.
Accorgendomi che stavo perdendo il controllo e la stavo fissando troppo, cercai di darmi un po’ di contegno. I libri erano pesanti per lei, ma per un lupo no di certo. Ma non potevo portarli tutti in una volta, sarebbe sembrato alquanto strano. Dopo un paio di viaggi dalla macchina di Layla alla casa e viceversa, la invitai a bere qualcosa in veranda. I raggi del sole erano abbastanza deboli, nonostante fosse ora di pranzo, ma era incredibile come i suoi occhi reagissero alla luce. Al sole il verde liquido prendeva il sopravvento sull’oro duro, dando al viso un’espressione ancora più dolce. E i capelli setosi avevano la lucentezza di uno specchio. Indossava scarpe da ginnastica, semplici jeans, una maglietta con maniche a tre quarti bianca e un giubbotto autunnale rosa pallido. Al collo portava una catenina con la sua iniziale e due piccole pietre delicate accanto. Pur essendo vestita in modo semplice, era più bella di qualsiasi altra donna. Mentre la osservavo, però, mi fece una domanda alla quale non sapevo cosa rispondere:
- Resterai qui da Rachel per molto?
Non è il tipo di domanda che si fa per cominciare una conversazione, cavolo! Di solito no si comincia con “Fa proprio caldo, eh?” oppure “Quanti anni hai di preciso?”, o ancora, “Allora, come va? Ti trovi bene qui?”. Nel momento in cui aveva pronunciato quella frase, era come se uno specchio di fosse rotto in mille pezzi, e io dovevo rimetterli insieme per costruire una risposta. Mi affrettai ad aprire bocca, e stranamente un filo di parole logiche mi apparve in mente:
- Si, mi trasferisco qui.
- E come mai non sei mai venuto prima? - Accidenti, per poco non cominciavo a tremare. Il fatto che Layla fosse così tranquilla e sorridente, tuttavia, mi fece sentire a mio agio come non lo ero mai stato. Potevo parlare con lei, lo sentivo.
- Ecco, in realtà non sapevo neanche dove vivesse Rachel. Non siamo mai stati in buoni rapporti.
- Oh, capisco. Credo che ti piacerà qui.
- A te piace?
- Moltissimo. E’ sempre tranquillo, ed è così piccolo che tutti qui si conoscono. Per quel che ne so non vieni da una grande città.
- No, infatti. Vivevo a La Push, nella riserva dei Quileute.
- Sono stata a Forks una volta, e a Seattle. La Push è da quelle parti, vero?
- Si, si.
- E come mai hai deciso di venire qui? - Domanda finale. La peggiore. Fu come una cascata d’acqua gelida quando sei stato al sole per molto tempo, a riscaldarti. - Sono stata indiscreta, scusa. Neanche ci conosciamo. - Sorrise, leggermente imbarazzata.
- No, non ti devi preoccupare. E’ che… è complicato. - lei annuì, e io le sorrisi nella maniera più dolce in cui avevo mai sorriso a qualcuno. Layla ricambiò il sorriso.
- Ma un giorno te lo racconterò, promesso. - aggiunsi. Layla finì la bibita e guardòl’orologio al polso.
- Adesso dovrei andare, Jacob. Devo pranzare. - quelle parole mi fecero più male che se avesse detto “ti odio”. Non volevo che andasse via, avrei voluto passare la giornata con lei. E’ l’imprinting. pensai. Gli altri membri del branco non resistevano 24 ore senza vedere l’oggetto del loro amore. Ma non volevo insistere troppo.
- Oh, d’accordo. Ti accompagno alla porta. - risposi.
Attraversammo la casa. La precedetti e le aprii la porta. Layla uscì e prima di salire in macchina mi fece “ciao” con la mano. Risposi al saluto e rientrai in casa. Pensai a tre cose contemporaneamente e troppo in fretta. Se fossi stato un semplice umano, mi sarebbe venuto un capogiro.
Prima di tutto, non avrei mai più preso in giro Sam, Jared o Quil per le loro smancerie. Avevo sempre pensato che Quil di comportasse da ebete facendosi trattare dalla piccola Claire come un giocattolo. Mentre vedere gli sguardi e le carezze di Sam e Emily, o Jared e Kim, era come affogare in un mare di zucchero. Troppo dolce fa venire la nausea. Ma adesso capivo perché fossero così: l’unica cosa importante era fare felici quelle ragazze.
Seconda cosa, per la prima volta da quando me ne ero andato da casa, Bella non era stata presente neanche in un solo neurone del mio cervello. Era stata cancellata da Layla. Era come se Layla fosse la luna, e splendesse nel buio della notte, e Bella un’insignificante stellina la cui luce non riusciva a competere con quella della dea dei cieli.
Terza cosa, Jacob uomo si stava arrendendo all’evidenza: amavo Layla. Solo Layla. E niente, niente avrebbe potuto impedirmi di farlo. Avevo sempre trovato stupido il detto “Al cuor non si comanda”, ma non c’erano mai state parole più vere.
 
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~•Alexis•~
° Posted on 1/3/2009, 12:01




Ho letto solo ora, scusa. :sad: +
Ti faccio i miei complimenti perchè è veramente molto bella... sono curiosa di sapere come continua. :asd:
 
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sweet_rory
° Posted on 1/3/2009, 12:06




Ma figurati, mi dovrei scusare io perché posto una volta ogni mille mai XD

Grazie comunque, se posso continuo oggi stesso, altrimenti se ne parla la settimana prossima :)
 
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~•Alexis•~
° Posted on 1/3/2009, 12:18




Ma di che ti devi scusare... lasci un po' di suspence nel lettore xD. Aggiorna quando puoi, non avere fretta. =)
 
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sweet_rory
° Posted on 1/3/2009, 12:23




XD
In effetti il primo capitolo lasciava suspance, una mia amica mi stava strangolando per sapere chi era che incontrava Jacob!XD
 
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~•Alexis•~
° Posted on 1/3/2009, 12:27




Io per un momento ho sospettato fosse Bella :smile: poi sono scesa e ho letto il secondo capitolo e decisamente non era lei. xD Per un momento ho sospettato fosse Layla ( ah, una piccola correzione c'è un momento-nel secondo capitolo- in cui scrive Claire al posto di Layla.) ma mi sembrava un po' insolito... :wink:
 
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sweet_rory
° Posted on 1/3/2009, 12:32




No se fossero state Bella o Layla sarebbe stato troppo banale! XD
Si, scusa se certe volte scrivo Claire al posto di Layla ma all'inizio l'avevo chiamata così e mi sono abituata XD
 
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~•Alexis•~
° Posted on 1/3/2009, 12:45




Infatti, troppo scontato.
Tranquilla, te l'ho detto perchè leggendo mi era capitato sott'occhio e per un momento non avevo capito di chi parlava Jake xD
 
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sweet_rory
° Posted on 14/3/2009, 20:11




3. Sarah

Quella giornata fu dedicata allo shopping. Mia sorella era matta, non si riusciva a fermarla dal comprare. E più lei mi comprava, più io mi sentivo in colpa. Riuscii a stento a convincerla che tre paia di scarpe erano sufficienti, quando si fermò di fronte a una gioielleria. Oh mamma. Ma si limitò a osservare la vetrina. Seguii il suo sguardo e capii che ammirava la collana di zaffiri. La mamma, per quel che riuscivo a ricordare di lei, ne aveva una simile. Rachel non disse niente per qualche minuto. Aveva gli occhi pieni di lacrime. Lei e la mamma erano state molto unite, e si somigliavano così tanto… Rebecca invece era sempre stata quella più fredda, anche se sotto sotto amava la mamma tantissimo. Aveva però colto al volo l’occasione di andarsene. Mentre Rachel aveva difficoltà a stare a La Push solo perché aveva troppi ricordi lì.
- Gliel’ho persa. - disse a voce bassa e tremolante.
- Come? - risposi.
- La mamma aveva una collana così. Pochi giorni prima che... morisse, io la presi per indossarla giocando con Rebecca. Me la tolsi mentre litigavo e non so dove la posai, perché non la ritrovai mai. La mamma si arrabbiò con me e io non le parlai più... pochi giorni dopo morì. E io non mi riappacificai mai del tutto con lei.
Non riuscì a trattenere le lacrime, ma se le asciugò in fretta. Io non sapevo come reagire. Non conoscevo questa storia, ero troppo piccolo per ricordarla, ma immaginavo come si sentisse Rachel. Neanch’io mi sarei mai perdonato se Billy fosse morto senza che potessi chiedere scusa per averlo abbandonato. Posai una mano sulla spalla di Rachel. Lei si girò verso di me e sorrise, ancora con gli occhi gonfi di lacrime. Istintivamente la abbracciai, e lei mi strinse forte. Quando sciolse l’abbraccio disse:
- E’ stato brutto non avere una famiglia, Jacob. Non sai quanto sono felice che tu sia qui. - fece una pausa e continuò - Ma adesso andiamo, dobbiamo riempire il frigo.
- Credevo che lo avessi già fatto stamattina.
- Parzialmente. - rispose sorridendo.
Andammo al supermercato e riempimmo un carrello intero. Pregai Rachel di non comprare più niente, aveva già speso troppi soldi. Ma lei rispose che doveva pur usare i soldi accumulati in tanti anni. Non immaginava quanto mi sentissi in colpa. Ma sembrava così felice che non volevo disturbarla in alcuna maniera. Per cena non riuscii a impedirle di cucinare un enorme polpettone tutto da sola: non mi lasciò neanche lavare una forchetta o apparecchiare la tavola.
Non riuscii a fare a meno di pensare che stavo cambiando. A casa avrei dato tutto per non alzare un dito, o per mangiare qualcosa di diverso dalla solita pizza. Ero molto più gentile e... tollerante. E sapevo anche qual era il motivo: Layla. Rachel era davvero un’ottima cuoca. Non capivo però quale fosse davvero il motivo di tutto quello sfarzo. Quando ci sedemmo a tavola, mia sorella mi mise davanti un piatto di dimensioni giganti con una porzione altrettanto gigante di polpettone. Il profumo era ottimo, ma non certo quanto il sapore:
- Sei una cuoca mancata - commentai a bocca piena. Rachel chiuse la porta della veranda, che aveva tenuto aperta mentre cucinava, e si sedette, sorridendomi fiera.
- Grazie fratellino.
- Prego sorellona. - sorrisi anche io e le feci la domanda che tanto mi premeva rivolgerle. - Allora, come mai tutto questo? - Lei mi guardò, ma non sorpresa. Aveva già preparato la risposta:
- Ho pensato che dovevo preparare l’atmosfera giusta per parlarti... della mamma. - La voce le tremò un po’ sull’ultima parola.
- Oh. - fu l’unica risposta che ero in grado di formular in quel momento. Mandai giù il boccone con un sorso di coca e continuai. - E... come mai?
- Non so se te lo ricordi, ma... quando avevi sei anni, mi vedesti piangere in braccio a papà tenendo una foto della mamma in mano. Quel giorno ricorreva la sua morte, erano passati 2 anni. Tu venisti da me e dicesti che non dovevo piangere, perché la mamma mi voleva bene ed era felice, in paradiso. Io ti risposi male, dicendoti che tu non sapevi nulla di lei e..
- E io ti risposi che visto che non sapevo niente, me lo avresti dovuto raccontare tu. - continuai - Avevo dimenticato questa storia. - Sorrise amaramente.
- Be’, allora ti dissi che certe cose non si possono raccontare, ma papà mi fece promettere che ti avrei parlato della mamma e di quanto ti voleva bene.
L’atmosfera in cucina era carica di emozioni. Rachel cercava di vincere la sua paura di parlare della mamma, mentre io mi sentivo in colpa per non aver mai permesso a mio padre di parlare di mia madre. Forse in realtà avevo conservato il ricordo della promessa di mia sorella e volevo che fosse lei a parlarmi.
- Ricordo così poco di Sarah... - dissi. Lei rise.
- Ho sempre trovato strana questa tua abitudine di chiamare i nostri genitori per nome. Non ti rende meno uomo chiamarli mamma e papà, Jake. - Non dissi niente, riflettendo su quel che avevo detto. Lei continuò:
- Cosa ricordi?
- Solo che ti somigliava tanto, e che quando morì io fui l’unico che non era triste, perché ero convinto che sarebbe tornata. E Billy... papà, l’amava tanto.
- Non ti abbiamo mai raccontato di come si conobbero, vero?
- Vero.
- Quando eravamo piccole, io e Rebecca ci facevamo raccontare questa come favola della buonanotte. Fa ridere ma allo stesso tempo è molto dolce. - Mi guardò per assicurarsi che le prestassi attenzione e continuò: - Be’, la mamma era di La Push – e questo è ovvio visto che suo nonno era Quil Ateara. Ma visse a New York con gli zii dal liceo fino alla fine dell’università. Poi i suoi genitori morirono e lei tornò nel luogo dov’era nata per decidere cosa fare della casa e di ciò che le era stato lasciato. Sarebbe dovuta rimanere solo tre mesi, ma poi sappiamo com’è finita. - Sorrise. -
A La Push, a un mese dal funerale dei nonni, ci fu una festa, e lei fu invitata da un vicino di casa che le faceva la corte. Essendo una ballerina provetta, si mise subito in luce. E ovviamente, anche un giovane insolente di nome Billy Black la notò ne rimase affascinato. Le chiese di ballare, ma la giovane Sarah, così gentile e beneducata, non voleva saperne di ballare con quel ragazzo così sgarbato.
In realtà, Billy si comportava così solo perché voleva dimostrare di poter essere il tipico “macho” di allora, ma era davvero profondo come persona. Essendo anche lui un ottimo ballerino, sfidò la mamma, dicendole che l’unico motivo per il quale non accettava era che aveva paura di lui. Lei, da un lato arrabbiata dall’altro affascinata, accettò.
Il loro ballo è ancora ricordato da tutto a La Push.
Billy si era già innamorato di lei, invece Sarah, pur essendone stata colpita, non volle cedere alla sua corte. Tornò a New York, ma Billy la seguì. Nel tempo che passarono insieme lì, divennero inseparabili, e Billy chiese la sua mano sulla Statua della Libertà. Lei rinunciò alla sua vita da studentessa e lavoratrice e andò con Billy a La Push, dove si sposarono presto. Mamma divenne insegnante al liceo, e a un anno dal matrimonio, scoprì di essere incinta di me e Rebecca. In quell’anno entrambi maturarono moltissimo, e fu allora che la mamma venne a conoscenza dei licantropi. - Così concluse. Non sapevo che papà avesse fatto il “ragazzo cattivo” da giovane, né che all’inizio lui e la mamma si erano stati antipatici. Non sapevo nemmeno che Billy potesse ballare. Ma ricordavo di aver visto volteggiare mia madre per casa tante volte, con cos tanta grazia da sembrare che volasse. Mi sentii un po’ male a rendermi conto che non sapevo abbastanza sul mio passato e su quello della mia famiglia. Rendendomi conto che appena iniziato il racconto avevo smesso di mangiare, ricominciai subito, seguendo l’esempio di Rachel. Poi, dopo tre fulminei bocconi, dissi:
- E come reagì alla storia dei licantropi? - Era la domanda meno stupida che mi era balenata in testa. Trovavo da idioti chiedere “Ma davvero papà era un bravo ballerino?”.
- Talmente bene che papà ha sempre sospettato che lei ne fosse già a conoscenza. Questo è uno dei motivi per cui ti voleva tanto bene, Jake. Ero il suo bambino speciale. Anche se papà ipotizzava che, visto che la sua generazione era saltata la trasformazione, dovesse capitare anche a te. Mentre nostra madre sentiva che non sarebbe stato così. Vantava tutto il giorno il suo lupacchiotto preferito. Peccato che non abbia mai assistito alla tua trasformazione.
- Io ero convinto che tu fossi la sua preferita. Eravate sempre insieme, per quel poco che ricordo.
- Per quel poco che ricordi. - ripeté lei e mi guardò con affetto. - Non aveva preferenze. Ci voleva bene allo stesso modo. Io ero come lei, ci piacevano le stesse cose. Tu eri l’unico maschio, il più piccolo, e un futuro lupo. Rebecca era la più vivace, attirava tutti con la sua allegria.
Aveva lo sguardo perso nel vuoto e un’espressione divertita, come se ricordasse una scena simpatica. Poi si rabbuiò, abbassò lo sguardo e continuò a mangiare. Capii a cosa aveva pensato. Ora doveva raccontare la parte più difficile, ma non fui io a chiederglielo.
- Be’, credo che ti immagini già cosa devo raccontare adesso.
- Si, in effetti si. - Ammisi e continuai a mangiare, aspettando che cominciasse. Buttò fuori l’aria che aveva raccolto e disse:
- Leucemia. Una malattia che può anche comparire all’improvviso. Un giorno prima sei sano come un pesce e quello dopo sei morto. Il giorno prima ci aveva portati al parco a giocare. Incontrammo Sue, lì. Fu una giornata come le altre. Niente lasciava intuire cosa sarebbe successo. Invitò Sue e Harry a pranzo, cucinò ottimamente come al solito, passammo una giornata fantastica. A cena mangiammo sulla spiaggia, al falò. La giornata perfetta. La mattina dopo ci salutò e andò a scuola. Fu l’ultima volta che la vedemmo. Ci spiegarono - non Billy, ma Harry e Charlie - ciò che era successo. Rebecca la prese come uno scherzo, io non dissi niente per due giorni e tu eri convinto che era solo andata a scuola, e sarebbe tornata come tutti i giorni. Non versasti una lacrima. - concluse il suo racconto.
Ero a terra, per non aver neanche pianto. Ma in fondo, per me non era morta. Però ripensai a quando Rachel aveva detto che io ero il suo “lupacchiotto preferito”. Lei mi amava, e io non me la ricordavo neanche. Dopo la sua morte, avevo allontanato tutte le figure femminili dalla mia vita. Inconsapevolmente. Forse per questo non avevo mai avuto un’amica. Tranne Bella. Poi ripensai alla collana della mamma.
- Se la sua ultima giornata fu perfetta, come mai non vi riappacificaste? - chiesi.
- Come?
- Mi hai raccontato di aver litigato con lei e di non averci fatto pace.
- E’ così. Non parlai più con lei, mi aveva perdonato, ma aspettava che mi scusassi. Io invece non lo feci, perché attendevo che facesse lei il primo passo. - Aveva gli occhi lucidi, ma non pianse.
Che idiota ero stato a non farmi raccontare questa storia in tanti anni. Presi l’ultimo boccone, e mi venne in mente che era strano per me non aver già finito di mangiare. Solitamente ingurgitavo tutto in un minuto. Erano le 10 passate. Rachel mi mise davanti la mia porzione (mezza torta) di dolce al cioccolato. La assaggiai e pensai di non aver mai mangiato nulla di così buono.
- E’ ottima, Rachel! - esclamai.
- Grazie. Fatta con le mie manine. - rispose fiera e sorridente. - Oh, è tardi! Domani devo essere al lavoro alle 5. ho pensato a cosa potresti fare per non annoiarti. Potresti andare all’officina della città e chiedere lavoro.
- Okay, ma come ci arrivo? - chiesi. La prospettiva di lavorare non era male, visto che adoravo costruire e aggiustare macchine.
- Vieni da me alla locanda domani mattina. Ci sarà Layla. Potrai andare con lei. Magari passerai la giornata con lei e i suoi amici, sono tutti fantastici, tranne quella Amanda..
Mi aveva convinto a “Layla”. Non poteva darmi notizie migliori! Nonostante cercassi di far tacere i dolorosi pensieri che mi provocava la lontananza dal mio angelo, erano più forti di me. Non sapere come stesse era un incubo. E se le fosse successo qualcosa? No, Rachel lo avrebbe saputo. Era la figlia dei suoi datori di lavoro d'altronde.
- Verrò. Adesso vai a letto, sorellona. Sparecchio io.
- Buonanotte Jacob.
- Buonanotte. E grazie per tutto. - Le feci l’occhiolino. Lei se ne andò e sentii i suoi passi sulle scale.
Sparecchiai molto in fretta, lavai i piatti (cosa che odiavo), e andai a letto. Volevo pensare all’indomani, ma mi addormentai prima di poter pensare una sola parola.
 
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~•Alexis•~
° Posted on 14/3/2009, 20:27




E' veramente bellissimo, e il pezzo in cui viene raccontata la storia di Billy e Sarah è... indescrivibile, mi è piaciuta particolarmente.
Bravissima, veramente.
 
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sweet_rory
° Posted on 14/3/2009, 20:29




Ooooooh, *___*
Davvero non speravo in questo effetto! Grazie, grazie di cuore! Mi sono ispirata a una storia vera per scrivere la storia di Billy e Sarah. Ho pensato che era meglio inserire qualcosa sul passato di Jacob, visto che è il protagonista. In fondo, non abbiamo mai saputo tanto di lui...
Comunque grazie, grazie ancora *___*
 
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~•Alexis•~
° Posted on 14/3/2009, 21:00




Prego. =) Storia vera, wow? Sì, comunque hai fatto bene ad inserire un riferimento alla storia di Jacob.
Mi raccomando, aggiorna presto (;
 
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sweet_rory
° Posted on 14/3/2009, 21:02




Appena posso! La settimana prossima dovrei avere un po' più di tempo, perché i miei compagni sono in gita, perciò dubito che faremo chissà cosa.
Comunque si, storia vera! Tranne per il fatto che lì la moglie è ancora viva XD E hanno tre figli maschi!
 
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83 replies since 28/1/2009, 20:00   5763 views
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